vivere bene pro loco

Qui noi vogliamo viverci bene

Qualche riflessione su una Pro Loco di un piccolo paesino di montagna, che riesce sempre a farci sognare… ma senza  perdere il contatto con la propria realtà

Lavorando con le Pro Loco, viene sempre da chiedersi dove si può collocare un fenomeno così complesso come quello del volontariato e delle persone che fanno qualcosa per la comunità in cui vivono.

Nel dominio incontrastato del commercio a tutte le ore e a tutti i costi, si rimane sempre e comunque stupiti del fatto che delle persone dedichino tempo gratuitamente per fare qualche cosa insieme agli altri dal quale non avranno alcun ritorno materiale, ma solo tanta tanta soddisfazione.

Purtroppo se ascoltiamo gli economisti l’unica cosa che sembra avere valore oggi è riuscire a creare economia, questo anche mascherato da “comunità locale”, dimenticando però il fatto che gli essere umani sono fatti di tante dimensioni allo stesso tempo: quella economica, quella sociale, quella geografica, quella collettiva e quella individuale.

Per riuscire a vederle tutte insieme bisogna fare i conti con l’aspetto caotico di ciò che è vivo, e in questo la Pro Loco è un esempio lampante, ma non così semplice da spiegare. Tant’è che spesso si rimane più affascinati dal complesso che colpiti dal dettaglio.

Per me, che devo spesso considerare “scientificamente” i fattori costitutivi delle Pro Loco, vedere le cose in maniera analitica e distinta è un lavoro ma, per fortuna, resto sempre e comunque sorpreso da quello spirito che serpeggia nell’aria durante gli eventi o durante i momenti importanti come quello dell’inaugurazione di una nuova sede.

Ed è successo anche questa volta: dopo un bel tratto di strada tra boschi, curve e luci soffuse della domenica mattina, mi sono ritrovato nel perenne e vitale angolo di vita della Pro Loco dei Zoreri di Terragnolo. Le facce, che conosco ormai da anni e che difficilmente dimenticherò, dicono sempre la stessa cosa: noi qui ci vogliamo vivere e ci vogliamo vivere bene.

Forse è utile declinare questo “vivere bene”, ci provo anche se non ne ho mai la certezza definitiva. É un “vivere bene” che significa desiderare di condividere la vita con gli altri, pensare e fare insieme ed aspirare ad un futuro che permetta al singolo di esprimersi ma non da solo.

Non è una setta, nel senso che nessuno è costretto a fare quello che dice qualcun altro in particolare, è una collettività in cui le persone possono ambire ad essere felici sapendo che la propria serenità deve contemplare anche quella degli altri.

E l’economia cosa centra? Non esiste la vita in un luogo senza economia, non parlo ovviamente di finanza ma di lavoro, di possibilità di svolgere attività dal quale si ricava anche il proprio sostentamento.

“Noi qui ci vogliamo vivere e ci vogliamo vivere bene.”

Per questo è importante che le persone possano fare, possano esprimersi anche attraverso il lavoro, che in questi territori lontani dai centri urbani spesso è scarso e difficile ma non si deve mai smettere di cercarlo.

Certo agli occhi di una prospettiva analitica e “monodisciplinare” tutto risulterebbe troppo poco significativo, me ne rendo conto. Ma nella prospettiva di uno sguardo molteplice, emerge un desiderio fortissimo di stare e di starci, nel senso di raccogliere la sfida quotidiana di vivere in un luogo che ai più potrebbe risultare esotico nella sua lontananza e nella sua atmosfera quasi antica.

Non ne ho voglia, mi rifiuto di guardare a queste situazioni con commiserazione o con pietà come vorrebbe una prospettiva ristretta. Li voglio invece invidiare ed emulare tutte le volte che mi riesce, sento quanto sono vivi, sento quanto sono Pro Loco, ovvero qualche cosa di misurabile solo in parte e solo a momenti, che può essere compreso in maniera privilegiata vivendolo ma anche osservandolo con occhiali complessi e non banali.

Alla fine di queste impressioni molto personali voglio solo ringraziare il presidente Sergio e tutti gli altri per aver nuovamente dimostrato che il miglior modo di resistere non è quello rimanere attaccati al passato immutabile ma immaginarsi di continuo il domani.