di Katia Lenzi
Essere sempre in cerca di un obiettivo, saper immaginare il futuro, creare trame dall’esito positivo. Ecco la storia di un intraprendente contadino che diventò ristoratore nella Valsugana degli anni Sessanta.
Quante sono le persone che restano vive fino al momento appena prima di morire?
Che cosa intendo? Intendo quelle persone che in un modo o nell’altro vanno sempre avanti, cercano sempre di raggiungere qualche obiettivo; non intendo quelli che non sanno stare fermi o che devono essere sempre eccitati da nuove avventurose imprese ma quelli che nel loro normale procedere non fanno troppi passi a caso.
Ho sempre invidiato queste persone, mi hanno sempre attratta e così vorrei essere anche io. Non ho avuto la fortuna di conoscerne molte ma penso di aver capito che una di queste era mio nonno.
Mio nonno, ristoratore creatore di trame
Nato nel 1917 nel campo profughi di Mittendorf dove i valsuganotti furono trasferiti dall’impero Austriaco durante la prima guerra mondiale, mio nonno dovette sorbirsi la seconda guerra mondiale ma ebbe la fortuna di tornare e di sposare mia nonna nel ‘47.
Contadino del secondo dopoguerra cavalcò il mutare dei tempi, fu uno dei primi ad acquistare una falciatrice e fece la patente a 50 anni per poter guidare la Giulietta bianca, protagonista di mirabili venture. Fu assessore per 3 legislature, sapeva stare con gli altri, creare relazioni e cogliere opportunità.
Ma perché vi parlo di mio nonno? Perché poco tempo fa i miei compaesani mi hanno mostrato una vecchia lettera del 1951 con cui un gruppetto di persone, capeggiato da parroco, sindaco e maestro, scriveva ai cittadini per chiedere loro di fondare la Pro Loco. Strizzavano l’occhio al fenomeno del turismo, provavano a convincere i montanari del paese a farsi accoglienti e a non vedere il forestiero come un problema ma come una risorsa.
17 anni dopo, mio nonno da contadino si trasformò in ristoratore e in quel campo d’alta quota in cui prima pascolava le capre e al quale si poteva ora arrivare grazie ad una nuova strada, costruì un piccolo ristorante ispirandosi ad un’esperienza simile che aveva visto nella vicina Pinè.
“…provavano a convincere i montanari del paese a farsi accoglienti e a non vedere il forestiero come un problema ma come una risorsa.”
Mio nonno aveva un’anima da PR, qualche articolo e il passaparola bastarono per attirare turisti che dalla Valsugana e dal Veneto si spostavano per mangiare polenta, luganega e formaggio di malga.
Mio nonno aprì la sua attività a 51 anni, un’età che nel 1968 era già piuttosto avanzata per buttarsi in una simile impresa. Le sue istanze imprenditoriali si intrecciarono con condizioni di contesto delle quali fu probabilmente parte attiva, creando occasioni per la comunità e forse anche per sé.
Io credo che mio nonno avesse capacità di immaginazione. Le castagne che prima di aprire il ristorante vendeva ai grossisti veneti, portandole a Bassano sulla mitica Giulietta bianca, divennero l’ingrediente speciale delle merende autunnali che serviva ai suoi clienti.
Mio nonno era un creatore di trame: se avete un’idea negativa di chi crea trame dovete assolutamente rivederla. Per troppo tempo abbiamo pensato che nel creare trame queste persone debbano scindere e far combattere interessi personali e interessi generali, senza pensare che un buon intreccio tra questi è l’unica possibilità per tenere la vita in un luogo!



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