Nati tra le mille difficoltà che la guerra procurò e risorti dalle ceneri, con le proprie forze, gli anziani sono ancora oggi certamente un modello da seguire. Rappresentano, per dedizione e disponibilità, per amore della propria terra e della propria gente, un esempio da seguire e un grande insegnamento.
di Sonia Marconi
È così che questa donna è diventata la mia eroina.
Nata nel 1943 a Ravina, sul finire della guerra, lei ricorda soprattutto di quando il suo papà, tornò dal campo di concentramento: smunto, sfinito, appariva come un fantasma di sé stesso. Era talmente malconcio, che non si riprese più.
Toccò così alle donne di casa, rimboccarsi le maniche: la mamma, nonostante i suoceri a carico e quattro figli piccoli da accudire, dovette andare a lavorare come bidella e lei, che era la meno piccola, fu costretta a crescere troppo in fretta, a diventare grande per badare alla casa e alla famiglia.
Quel bell’uomo, forte, che andava in bicicletta da Ravina a Vigolo Vattaro, per incontrare “la morosa”, non era più lo stesso: si era ammalato e non aveva abbastanza forze per contribuire al sostentamento della famiglia.
Lei, l’amore, lo trova in paese e a 22 anni si sposa, senza, però, riuscire ad esimersi dal suo compito di cura della famiglia originaria: continua a prendersi cura dei nonni, alquanto esigenti, e dei fratelli, che, la considerano ormai come una mamma. Solo quando i nonni muoiono, quando tutti i fratelli diventano grandi e autonomi e la mamma va in pensione, il suo carico di lavoro diminuisce.
Di una cosa lei è assolutamente convinta: ha sposato l’uomo giusto! Un marito sempre presente, comprensivo, complice. La loro famiglia, nonostante le difficoltà e i molti impegni, cresce e ne è molto soddisfatta. Purtroppo, però, le cose belle non durano e un brutto incidente le porta via l’amato figlio; un dolore dal quale non si riprenderà mai più, tanto è insopportabile e dilaniante.
“Non riesco a non pensarla come un’eroina. Pesa pochi chili e irradia calore ed energia per un esercito.”
Solo il suo grande cuore e l’amore per la figlia e per il marito riescono a darle quel sostegno necessario per andare avanti. Piano piano, con grande forza di volontà e con l’arrivo degli adorati nipoti, riesce a vivere con una parvenza di normalità, ma quel grande dolore resta sempre un macigno nella sua esistenza, impossibile da rimuovere.
Questa sua forza interiore, insieme al suo passato pieno, la spingono ad andare a lavorare e sente sempre più il bisogno di dedicarsi agli altri: si mette a disposizione per aiutare i malati durante i viaggi a Lourdes e a Loreto, in vari pellegrinaggi, nei soggiorni estivi degli anziani.
La sua presenza diventa sempre più preziosa, finché le viene proposta una carica nel direttivo e poi alla presidenza delle Acli: tutto merito del suo impegno, della costante disponibilità e continua partecipazione.
Nel frattempo si occupa anche di pulire la chiesa e non rifiuta mai di dare una mano ogni volta che ce ne sia bisogno, o le venga richiesto: sia per le associazioni, che per le singole persone, senza risparmiarsi, tirarsi indietro o brontolare. Si impegna anche ad organizzare corsi di maglieria, di macramè e di patchwork; di gestire la disponibilità delle sale, del materiale da prestare, di pianificare le gite e tanto altro ancora.
Ci tiene, poi, a raccontare che lei e la sua famiglia sono sempre stati degli sportivi: sport duri che richiedono sacrifici come la marcialonga, corsa a piedi in montagna, gare di bici e di sci. Insomma, non si sono fatti mancare nulla e, ancora si vede: hanno infatti, entrambi, un fisico asciutto, sano, ben tenuto.
Sono stati degli sportivi e persone con uno spirito avveniristico, visti i tempi. Inoltre è encomiabile come, seguendo la loro indole, si siano dedicati, una volta smesse le competizioni, al sostegno delle manifestazioni sportive, che richiedono altrettanto impegno e presenza, nonché responsabilità.
Non riesco a non pensarla un’eroina. Pesa pochi chili e irradia calore ed energia per un esercito. Ma è anche perentoria e tosta, eredità del suo vissuto e doti necessarie per gestire tutte le attività di cui si occupa.
Ma certo non la si può che ammirare.
Donna d’altri tempi, di quelle che, a parlare della sua famiglia, la vedi illuminarsi e guardare con complicità il marito. Quando parla dei figli, della figlia, luce dei suoi occhi, che tanto le dà soddisfazione e la rende fiera, le si apre il cuore. I suoi amatissimi nipoti la vorrebbero immortale, tanto è per loro preziosa e importante.
Sottovoce, poi, dice che avrebbe voluto fare l’infermiera e sposare un uomo in divisa. Non è andata cosi, ma ha imparato che la felicità è fatta di attimi. È soddisfatta per aver svolto al meglio quel che reputa il suo compito nella vita e, come dice sempre: “Va bene così!”.
Ci tiene a sottolineare che ha sempre fatto tutto spontaneamente, con tutto il cuore, ma che ci è voluta tanta dedizione ed è costato tanta fatica accettare il fardello e cercare di fare del suo meglio… “Al giorno d’oggi questo manca: si fa tutto per i soldi, si pretende senza dare e cosi tutto diventa difficile, praticamente impossibile.”
Credo non si sia nemmeno accorta di quanto io sia emozionata ad ascoltare la sua storia, quanto mi piaccia sentirla raccontare; quanto questo tipo di avventura sia la più coinvolgente, la radice vera e viva che non si può scordare.
A ben guardare lo spirito del volontariato parte tra queste nostre rocce, dai nostri anziani. Ci cresce nel sangue, con l’esempio dei genitori, e si diffonde tra di noi, come missione da portare avanti, senza la quale la parola comunità non potrebbe esistere e, per fortuna, è una fiamma che non si spegne.
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