Il dialetto è ritenuto, da molti, una lingua antica e sterile che con il passare degli anni purtroppo scomparirà. A riguardo, infatti, gli studiosi affermano che se una lingua non si evolve e soprattutto non viene utilizzata quotidianamente dalle persone che vivono in un determinato contesto, scompare.
Il dialetto, come è successo con la lingua latina, è veramente sulla via del tramonto?
A differenza di quello che potremmo pensare, il dialetto è una lingua più che mai viva, a cui vengono apportati continui cambiamenti, grazie alla spinta delle nuove generazioni che hanno trovato un nuovo ruolo al dialetto.
In passato il dialetto era la lingua madre, con la quale la popolazione si esprimeva in ogni contesto della propria vita: casa, scuola, lavoro. Si nota infatti come la maggior parte delle parole dialettali servano ad indicare oggetti ed attività, che molto spesso sono ormai desuete, ma che un tempo erano indispensabili per vivere. Si pensi, per esempio, a tutti i termini agricoli, che i nostri nonni cercano di farci imparare. L’evoluzione della società e del mondo ha visto emergere la necessità di esprimere concetti nuovi, che hanno fatto capolino nella vita di tutti i giorni. Questo ha comportato la crisi del dialetto per alcuni decenni e l’importazione di molti termini dalle lingue straniere.
Quando parliamo con qualcuno è più facile che ci esprimiamo in inglese, rispetto che in dialetto. Infatti anche le persone che non hanno una conoscenza approfondita di una lingua straniera, sanno a cosa ci riferiamo quando nominiamo parole come WI-FI, Computer, Tablet. Questi sono tutti oggetti che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi anni e che non esistevano nel periodo in cui il dialetto era la prima lingua. Questo porta a sfatare il mito che il minor utilizzo del dialetto sia dovuto a differenze sociali e diverso livello di istruzione da ieri ad oggi.
Il presente e il futuro delle lingue locali passa attraverso la sfida lanciata dai giovani, i quali, da alcuni anni, le utilizzano per esprimere qualcosa di divertente, per commentare un’emozione o per sentirsi parte di una società. Sicuramente l’appartenenza ad un gruppo sociale è una della motivazioni più grandi che spingono i millennials ad utilizzare ed imparare il dialetto, complice anche la mobilità dei giovani da una regione all’altra che spinge l’essere umano a “trovare il proprio posto nel mondo”. Questa esperienza arricchisce, e non poco, il bagaglio di ognuno, che imparando a confrontarsi con un’altra realtà e inizia a capirla anche attraverso la lingua locale. La lingua locale dice molto di più della singola parola, ma identifica un modo di vivere, le abitudini ed addirittura le usanze. In dialetto veneto, per esempio, vi è il termine “freschìn” che pochi di noi trentini sanno cosa sia, perché è un concetto che è nato in quel territorio.
In dialetto trentino non c’è un vera parola per esprimere “ti amo”, ma si utilizza l’insieme di termini “te voi ben”. Sarà che questa mancanza indichi l’indole schiva di noi trentini?
Gli studiosi affermano che il dialetto in futuro si utilizzerà in code switching o code mixing. Mi piacerebbe spiegare questi concetti in dialetto trentino, ma mi limito a dire che il code switching avviene quando si passa da una lingua all’altra all’interno dello stesso discorso, mentre il secondo concetto è l’inserimento di parole dialettali in un discorso o viceversa.
La sfida è sicuramente importante e difficile data la multiculturalità del mondo e la sua globalizzazione. Una spinta in favore dei dialetti la possono dare sicuramente le serie tv, come Gomorra o Montalbano, i social con pagine dedicate e divertenti, che avvicinano i giovani al dialetto.
La palla passa adesso ai giovani di oggi e alle generazioni future che, usando la propria lingua locale, fanno si che una parte delle loro radici e della loro storia non scompaia. Salvaguardiamo quindi la nostra lingua locale e tramandiamola!
Bona fortuna.
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