L’incontro con Arnaldo Muraro, artigiano e costruttore del Corno Alpino, non si limita ad essere la conoscenza di una persona decisamente versatile, maestro di sci, carpentiere, artista del legno (anche se non vuole che si dica), ma è l’incontro di un “mondo”.
di Graziella Bernardini
Il mondo è la montagna, è il piccolo gruppo di case di Tezzeli, della frazione di San Sebastiano di Folgaria, sugli Altipiani Cimbri.
Nato negli anni cinquanta a Tezzeli, in un ambiente dove “si respirava” cimbro, Arnaldo mi racconta di come la sua famiglia abbia origini, per parte di madre, in Austria e come sua nonna coabitasse, al tempo della Prima Guerra Mondiale, con una famiglia austro-ungarica. Mi mostra le scritte in cimbro e manifesta un po’ di rammarico per la perdita di questa tradizione linguistica.
La chiacchierata volge poi al motivo del nostro incontro: Il Corno Alpino.
“Da quando ti sei applicato alla costruzione del corno alpino e quando nasce questa passione?”
“Vivere da sempre in questo ambiente, immerso in boschi e profondi silenzi ti conduce ad un rapporto speciale con la natura e con gli alberi. Sono da sempre stato affascinato dal legno e da come questo possa prendere vita attraverso il suono e, quindi, possa dare voce alle montagne”.
Da hobbista e da artigiano Arnaldo ha intrapreso una decina di anni fa la costruzione di corni alpini, impresa non facile, viste le dimensioni dello strumento, che può misurare da due metri e mezzo fino a quattro metri.
E’ stato necessario studiare tutto a tavolino prima di mettersi all’opera, in quanto il corno alpino è uno strumento che non ha fori, ma una cannula interna, di forma cunea, che permette il suono.
“Ho cominciato a lavorare l’abete rosso, molto presente nei nostri boschi, a vena larga, prendendo la pianta dal suo piede. Poi, per ragioni logistiche, anche di trasporto, ho costruito il corno alpino in tre porzioni, unite tra loro da una connessione di ottone. Modello il legno tutto a mano. La parte più difficile è davvero quella interna, che deve essere conica e non cilindrica come nella tromba”.
“Sono da sempre stato affascinato dal legno e da come questo possa prendere vita attraverso il suono e, quindi, possa dare voce alle montagne.”
La descrizione del suo lavoro è minuziosa e appassionata:
“Terminata la costruzione delle tre parti del corno alpino, passo al suo rivestimento con il midollino. La fibra di midollino va immersa in acqua e poi va avvolta allo strumento. Questo serve a proteggerlo anche durante i trasporti. E’ poi la volta della costruzione del “bocchino”, che si ricava dal legno duro del corniolo, del bosso o dell’ebano. Io uso il corniolo, perché è presente nel nostro territorio. Anche questo pezzo richiede un lavoro particolare. La camera iniziale deve avere un diametro di quattro millimetri, per finire con un diametro di nove millimetri. Una volta realizzato, il bocchino va immerso nell’olio di lino crudo, che favorisce la fuoriuscita dell’aria.”
La costruzione di uno di questi strumenti, dal suono ancestrale, impegna Arnaldo per almeno una settantina di ore di paziente applicazione, di studio e di arte, e non può che lasciarmi ammirata.
La visita al suo laboratorio non finisce qui, perché ad Arnaldo piace sperimentare altre forme del legno dal quale ricavare il suono. E’ il caso di una sorta di “trombone” e di un “corno pastorale”, copiato da una tela antica scovata in una chiesetta della Valcamonica.
Il suo racconto, anche per questi strumenti, diventa un “fiume”: riempie il cuore di gioia e di affetto l’incontro di persone come Arnaldo, tanto legate ed innamorate della propria terra.



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