Vi dico la verità: io la montagna l’ho sempre odiata. Un anno di lavoro con la gente di un paesino in collina mi è bastato per farmi cambiare idea.
di Giulia Falcin
Fin da quando ho ricordi, ho sempre apprezzato poco il mio territorio: in adolescenza dicevo ai miei genitori e agli amici che qui a Trento non c’era mai nulla da fare, che la città era piccola e che non c’erano molte occasioni per fare nuove esperienze e conoscenze.
Oltre a questo io odiavo la montagna, alla fatidica domanda che ti ponevano (“Ti piace di più il mare o la montagna?”) io rispondevo prontamente mare, team mare tutta la vita: il mio rifiuto per la montagna era forse dovuto al fatto che i miei genitori mi portavano ogni domenica a fare la classica camminata in alta quota e lo vivevo come un obbligo.
Questa frustrazione è continuata nei secoli, appena sbarcavo fuori dai confini del Trentino mi pareva di respirare aria nuova più fresca. Ma ad un certo punto le cose sono cambiate: nell’inverno del 2019 ho concluso il mio percorso di studio universitario in Arte ed ho deciso di trovare un lavoro nel mio campo di studi. Così ho guardato con interesse i vari bandi promossi dal Servizio Civile e tra uno di questi vi era quello della Pro Loco Cà Comuna del Meanese. Mi sono candidata e alla fine sono stata selezionata.
“Ho capito l’attaccamento che hanno le persone per il proprio luogo.”
Ecco, con voi sarò sincera: io di Meano non conoscevo proprio nulla, cioè sapevo dove era collocata geograficamente, ma sul resto assolutamente il nulla. Per me quello era un paesino che si trovava su una collina tra Lavis e Trento, meno considerata di quella di Povo.
Ho iniziato il mio percorso in quel territorio a gennaio con titubanza per la mia poca conoscenza sul dove fossi finita, ma anche con carica perché volevo mettere in pratica quando studiato negli anni.
Piano piano sono passati i giorni e lavorando dentro nella Pro Loco sono venuta a sapere sempre di più sulla storia del paese di Meano, della sua intera collina con le sue sei frazioni. Un posto che col tempo ha perso un po’ il suo ruolo di passaggio, ma che in tempi passati ospitava le residenze estive dei nobili trentini che preferivano passare le estati, giustamente, al fresco piuttosto che nel caldo della città.
Ma non solo: ho scoperto anche come si lavorava il tabacco e ho visitato un vecchio caseificio. Insomma sono venuta a conoscenza della storia di un territorio che in tutti gli anni universitari nessuno mi aveva mai presentato.
Ho scoperto l’attaccamento che hanno le persone verso il loro territorio, di cui ne parlano con orgoglio, e i loro racconti portano a tornare indietro con la mente ad anni passati di cui noi giovani non siamo a conoscenza. Per questo motivo mi sono ritrovata ad appassionarmi ai motivi per cui la Pro Loco divulga queste notizie e storie, e piano piano il mio odio verso il territorio si è trasformata in apprezzamento.
Adesso dopo due anni e dopo aver finito il mio percorso di servizio civile, quel posto non lo ho più abbandonato: sono infatti diventata volontaria nella Pro Loco, proprio perché la passione e la volontà che hanno le persone di quell’organizzazione nel voler divulgare queste informazioni ha contagiato anche a me. Cerco sempre di trasmetterla a chi, come me un tempo, prova “poco amore” verso il proprio territorio.



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